“A
me della politica non importa nulla”. “La politica è una brutta cosa”. “Io di
politica non capisco un granché e non voglio saperne nulla”.
Quante volte abbiamo sentito queste frasi pronunciate dai giovani? Tante,
tantissime volte. Eppure non c’è nulla di più sbagliato perché la politica ci
riguarda in prima persona. A dirlo prima di tutti è stato Piero Calamandrei,
uno dei padri della Costituzione italiana, nel famoso Discorso agli studenti
del 1955. Sì, è vero, soprattutto quando si è più giovani, gli interessi sono
tanti, le cose belle da vedere e da godere non sono di certo legate alla
politica. Ma dobbiamo evitare la totale indifferenza perché la Costituzione, la
madre di tutte le leggi italiane, è destinata a rimanere vuota e priva di
significato senza la partecipazione e la vigilanza di tutti i cittadini. Va sempre nutrita con il
contributo di tutti perché appartiene al popolo e per evitare che possa finire
nelle mani di una o di poche persone.
Il suo pensiero è attuale e pieno di semi che nel
tempo hanno germogliato. Ci invita a non rimanere indifferenti e a essere in
prima linea personalmente. Calamandrei utilizza una metafora molto efficace
per descrivere l’importanza dell’impegno singolo e di tutti: “La Costituzione non è una macchina che una
volta messa in moto va avanti da sé. La
Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si
muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la
volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”. Di
conseguenza, senza il coinvolgimento dei cittadini, gli sforzi dei padri fondatori
nello scrivere la Costituzione, nella rimozione delle disuguaglianze e nel
garantire a tutti le stesse condizioni di partenza in ambito lavorativo e
scolastico, si rivelerebbero inutili. Così come il
sacrificio dei giovani che hanno combattuto nella Seconda guerra mondiale e
sono morti affinché questa Carta potesse essere scritta. Ecco la voce di Calamandrei con tutta la
sua forza: “Quanto sangue e quanto
dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione,
o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati,
impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in
Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di
Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero
essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una
carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento
di centomila morti”.
Libertà è insomma partecipazione costante ed è
coinvolgimento continuo. Non è un traguardo da dare per scontato, ma è una
conquista quotidiana. Diciotto anni dopo il Discorso agli studenti è stato il cantautore
milanese Giorgio Gaber a mettere in musica il concetto di libertà insieme a
quello di partecipazione. E lo ha fatto in modo mirabile: “La libertà non è star sopra un albero. Non è neanche il volo di un
moscone. La libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione”. Sono
affermazioni che sembrano pronunciate proprio in questo momento. Libertà per Gaber non significa fare
ciò che si vuole o delegare ad altri le decisioni da prendere. Vuol dire partecipazione
alla vita politica e sociale e far parte di una comunità. Gaber e Calamandrei sono
due dei nostri sicuri punti di riferimento dai quali partire per sentirci parte
della società.
Riccardo Spadafora e
Mario Vietri 4B
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